[…] il dato emotivo, generatore dell’idea, subisce un controllo e una razionalizzazione che mi permette il distacco e non un totale coinvolgimento emotivo manifestato dalla pura istintività. Con il distacco la conoscenza è più completa, anche se il dato a cui si fa riferimento è nato dalla propria interiorità. Credo che questo esempio tratto da “Il nome della rosa” di Umberto Eco sia sufficientemente adeguato a chiarificare le mie intenzioni:

«Ecco il punto: dobbiamo trovare da fuori un modo di descrivere l’edificio come è dentro…»

«E come?».

«Lasciami pensare, non deve essere così difficile…».

«E il metodo di cui dicevate ieri? Non volevate percorrere il labirinto facendo segni col carbone?».

«No,» disse «più ci penso, meno mi convince. Forse non riesco a ricordare bene la regola, o forse per girare in un labirinto bisogna avere una buona Arianna che ti attende alla porta tenendo il capo di un filo. Ma non esistono fili così lunghi. E anche se esistessero, ciò significherebbe (spesso le favole dicono la verità) che si esce da un labirinto solo con un aiuto esterno. Dove le leggi dell’esterno siano uguali alle leggi dell’interno. Ecco Adso, useremo le scienze matematiche. Solo nelle scienze matematiche, come dice Avorroè, si identificano le cose note per noi e quelle note in modo assoluto».

«Allora vedete che ammettete delle conoscenze universali».

«Le conoscenze matematiche sono proposizioni costruite dal nostro intelletto in modo da funzionare sempre come vere, o perché sono innate o perché la matematica è stata inventata prima delle altre scienze. E la biblioteca è stata costruita da una mente umana che pensava in modo matematico, perché senza matematica non fai labirinti. E quindi si tratta di confrontare le nostre proposizioni matematiche con le proposizioni del costruttore, e di questo confronto si può dare scienza, perché è scienza di termini su termini. […]

«Ma come accade» disse ammirato, «che siete riuscito a risolvere il mistero della biblioteca guardandola da fuori e non l’avete risolto quando eravate dentro?».

«Così Dio conosce il mondo, perché lo ha concepito nella sua mente, come dall’esterno, prima che fosse creato, mentre noi non ne conosciamo la regola, perché viviamo dentro trovandolo già fatto».

«Così si possono conoscere le cose guardandole dal di fuori».

«Le cose dell’arte, perché ripercorriamo nella nostra mente le operazioni dell’artefice. Non le cose della natura, perché non sono opera della nostra mente».